“Autodromo Nazionale Monza esprime il proprio rammarico per il disagio di quanti, fra i tantissimi tifosi accorsi all’ultimo GP d’Italia, sarebbero incappati in taluni inconvenienti. La struttura e le sue persone hanno profuso i migliori sforzi per realizzare un evento che ha superato ogni record di affluenza andando oltre ogni previsione stimata. Per Autodromo Nazionale Monza l’esperienza dei tifosi è un aspetto prioritario e per questo è stata avviata una rigorosa verifica anche con i partner per accertare e approfondire l’origine di eventuali criticità e assumere i conseguenti provvedimenti perché ciò non si ripeta in futuro“.
100 anni di storia sono un traguardo, ma se non hanno insegnato nulla rappresentano soltanto l’ennesimo vessillo autocelebrativo di una struttura destinata a cadere sotto il peso della vecchiaia. Il weekend del GP d’Italia ha scritto l’ennesima pagina ambigua del motorsport italiano, mostrando un colpo d’occhio pazzesco con le tribune gremite di tifosi ma, al tempo stesso, i sintomi di un malessere che continua a ledere il futuro del tracciato brianzolo. L’Autodromo è vecchio, è il caso di rendersene conto una volta per tutte, molte delle strutture sono fatiscenti e cosa ancor più grave, non si vede traccia di un’organizzazione che sia in grado di tamponare o sopperire a tali mancanze. Partiamo da un presupposto: la F.1 rappresenta da sempre l’evento clou della stagione, quello che raccoglie il seguito maggiore e quello che su cui si concentra la quasi totalità degli investimenti. Per una struttura centenaria dovrebbe significare l’attivazione di una macchina organizzativa oliata e, ove possibile, perfezionata ad ogni appuntamento. A Monza invece c’è sempre qualcosa che non va: quando piove finisci per nuotare nel fango anche quando dovresti stare comodamente seduto, perché le vie di accesso a molte delle tribune sono sterrate, quando invece fa caldo e c’è il sole come quest’anno, rischi di collassare perché, arrivando ai controlli, scopri di non poter accedere con le borracce termiche, nonostante il sito ufficiale le considerasse tra gli oggetti ammessi. La parziale giustificazione dell’affluenza record cercata dagli organizzatori fa acqua da tutte le parti: i numeri erano noti da mesi, ciò nonostante, nell’immediata vigilia del GP, sono stati messi in commercio altri tagliandi con il malcelato obiettivo di sfruttare l’ondata di entusiasmo per aumentare gli incassi seppur a fronte di un’organizzazione non adeguata.
Va peraltro considerato il fatto che durante il resto della stagione agonistica, quando l’affluenza si attesta su quote decisamente inferiori, la situazione non cambia: ho personalmente visitato l’Autodromo lo scorso luglio, in occasione del weekend della European Le Mans Series ed ho avuto riprova di come tutto sembri improvvisato e lasciato al caso. Nonostante telefonate, mail e messaggi inviati tramite i canali social della struttura, sono arrivato a venerdì mattina senza conoscere quali formule regolamentassero l’accesso al paddock: dialogare con l’ufficio informazioni è stato impossibile e ogni canale rimandava solo al Gran Premio di F.1 senza dedicare la minima attenzione a quello che rappresentava, comunque, un appuntamento di caratura internazionale. Una volta entrato ho constatato l’inadeguatezza delle indicazioni relative alle tribune, assenti o talmente logorate da essere diventate indecifrabili: frequento Monza da quando avevo 13 anni e con ogni probabilità ho visto gli stessi cartelli che vidi la prima volta 28 anni fa, invecchiati quanto me, ma peggio. Decidendo di seguire l’attività in pista da diverse prospettive ho iniziato a camminare dal paddock alla Prima Variante, per tornare alla Ascari e spostarmi alla Roggia. Più camminavo e più cercavo di immedesimarmi in un visitatore alla prima esperienza: alberi, qualche struttura apparentemente dismessa e zero riferimenti. Ho fatto ricorso alla memoria ed all’esperienza maturata nel corso degli anni, ma per un frequentatore occasionale spostarsi dalla Ascari alla Roggia senza indicazioni e senza riferimenti non deve essere impresa facile. A luglio con 35 gradi ho percorso 3 chilometri tra andata e ritorno senza incontrare un punto ristoro o un ambulante che potesse offrirmi l’opportunità di comprare qualcosa da bere o da mangiare, l’unico funzionante era un furgone da street food alle spalle dell’infopoint situato a ridosso del paddock.
Sorvolando sul penoso stato di conservazione della tribuna 12 all’ingresso della Ascari, con piastre pericolanti o addirittura assenti, ciò che mi ha rattristato di più è stato l’aver constatato come, nonostante il weekend di gara fosse già iniziato, molti degli aspetti organizzativi fossero incompleti: alle 15.00 lo spazio destinato all’intrattenimento dell’ELMS Village era totalmente vergine, con gli addetti intenti a cercare di capire come piazzare i primi allestimenti; e se quest’ultimo aspetto puó anche non dipendere da una responsabilità di chi gestisce l’Autodromo, in realtà porta con se un risvolto utile a descrivere il contesto sociale con cui dobbiamo confrontarci. Lo stato di progressivo abbandono è figlio di una mancanza di cultura sportiva che porti a valorizzare appieno il contesto nel quale l’evento stesso si svolge, una cultura che persegua il rispetto per l’ambiente circostante e per gli altri. La stessa mancanza di cultura che ha indotto decine di ignoranti ad intonare cori offensivi nei confronti della madre di Verstappen durante il weekend del Gran Premio, o che, peggio ancora, ha visto due imbecilli, incuranti delle fotocamere ormai presenti su qualsiasi dispositivo digitale, insultare un suo fan costringendolo a togliersi il cappellino al grido di “Questa è una tribuna Ferrari”.
Abbiamo perso un’occasione, purtroppo per l’ennesima volta.
Photo credit: monzanet.it